Utilizzare l’arte per fornire gli strumenti con cui poter realizzare cambiamenti positivi nella propria vita. È un’espressione poetica dietro cui emerge una vera e propria metodologia per produrre cambiamenti significativi a partire da una particolare attitudine artistica. Danza, musica, fotografia, teatro, pittura sono il grimaldello per stimolare quell’immaginazione e quell’istinto naturale a desiderare proprio all’essere umano, ma che spesso si perde, soprattutto dai minori che si trovano a fronteggiare situazioni critiche e di estremo disagio.
Ritornare a desiderare significa riacquistare dignità, ricostruire la fiducia in sé stessi e nel mondo, tornare a riappropriarsi dei propri diritti inalienabili di essere umano e sperare in un futuro diverso a partire dalla ricostruzione dei propri interessi, in un percorso educativo non formale ma creativo. L’arte è una potenza trasformatrice e la ricerca della bellezza, in tutte le sue forme, immette su
quei percorsi di conoscenza, di sé e del mondo, con cui l’estetica si coniuga all’etica. La pedagogia del desiderio è inoltre un importante esercizio di umiltà per gli operatori che lavorano in contesti di marginalità. “Cosa desidereresti? Cosa ti piacerebbe fare?” sono domande purtroppo non così scontate, che spesso si perdono nella convinzione di sapere e di “calare dall’alto” le soluzioni a
problemi complessi. La pedagogia del desiderio costringe a fare un passo indietro, a scardinare la dialettica educatore-educando per costruire insieme un dialogo alla pari di continua conoscenza.