AVANT QUE NATURE MEURE - Silvia Cini

Due artisti si incontrano a distanza nel tempo attraverso le loro opere: sono Enrico Coleman, il maggiore pittore paesaggista della Roma dell’Ottocento e Silvia Cini, tra i vincitori dell’XI edizione dell’Italian Council, che basandosi sulle tavole da lui lasciate cammina nell’urbe sempre più antropizzata, cercando e trovando le orchidee spontanee descritte da Coleman, per tutelarle.

Dal 14 Luglio al 14 Agosto 2023, gli spazi storici dell’ELTE Botanical Garden di Budapest ospitano la prima tappa del progetto di Silvia Cini Avant que nature meure. Il progetto è una profonda riflessione sulla resilienza della natura alla progressiva antropizzazione del paesaggio, un itinerario per l’Europa di mostre, eventi, open call, incontri, presentato dal Museo Orto Botanico dell’Università “La Sapienza” di Roma e realizzato con il supporto dell’Italian Council (XI edizione, 2022) – programma di promozione internazionale per l’arte contemporanea italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.

Silvia Cini fin dai primi anni ‘90 agisce attraverso pratiche di arte partecipata e focalizza il suo interesse sul paesaggio come metafora sociale, integrando arte e botanica. Avant que nature meure è il risultato di una ricerca iniziata nel 2015 sulla fioritura odierna delle orchidee spontanee nel contesto urbano, quali bioindicatori della salute delle città.

Il titolo è la citazione del testo del 1965 dello scienziato francese Jean Dorst, tra i padri della tutela per l’ambiente, un allarme sull’estinzione della biodiversità e un invito alla riconciliazione dell’essere umano con la natura. Partendo da questi principi, l’artista sta compiendo una mappatura delle orchidee spontanee a Roma, basata sugli acquerelli dal vero di queste, ognuno recante l’indicazione del luogo di fioritura, realizzati dal pittore Enrico Coleman tra il 1893 e il 1910, conservati, insieme al suo prezioso erbario, all’Istituto Centrale per la Grafica, dove le due opere andranno a riunirsi terminato il progetto. Grazie a questa preziosa testimonianza della biodiversità di una Roma passata, Silvia Cini ritrova nelle aree urbanizzate e sempre più antropizzate della Roma contemporanea le orchidee spontanee da lui rappresentate, con il fine ultimo di interagire con enti e tecnici affinché siano modificate le tempistiche di sfalcio, contribuendo alla tutela delle varietà ancora esistenti.

Il progetto si sviluppa in diverse fasi, online, on life e offline: la realizzazione di una piattaforma digitale in progress fornirà una mappa indicativa dei luoghi di fioritura delle orchidee spontanee a Roma e conterrà testi, immagini, video e podcast, creati in collaborazione con botanici, urbanisti, artisti e sociologi. Con l’attivazione di una open call cittadini e city users saranno invitati a caricare sulla piattaforma foto di orchidee incontrate in città, potenziando in modo esponenziale le osservazioni sul campo e contribuendo a creare una coscienza collettiva. Dérive nel verde, attualizzando le tecniche di rilievo psicogeografico di Guy Debord, coinvolgeranno piccoli gruppi di pubblico in cammino nel super organismo della metropoli alla ricerca di orchidee. Mostre, eventi, incontri realizzati in collaborazione con realtà che si occupano di arte e natura come: Careof, Fondazione Lac o Le Mon, Hellenic Society for the Protection of Nature, Hungarian Garden Heritage Foundation, MAMbo, Museu da Amazônia, PAV Parco Arte Vivente, saranno raccolti nel catalogo curato da Alessandra Pioselli. Avant que nature meure si concluderà a Roma nella primavera 2024, con una mostra negli spazi del Museo Orto Botanico dell’Università “La Sapienza”.

Per l’ELTE Botanical Garden di Budapest, tra i più interessanti orti botanici d’Europa, Avant que nature meure, assume la forma di progetto site specific, un itinerario tra installazioni audio ambientali, sculture, ricami su camici da laboratorio di orchidee che si riallacciano alla tradizione Matyò, foto, dati e performance.

Ricercando le tecniche coeve a Coleman di stabilizzazione delle specie botaniche, Silvia Cini ha realizzato piccole sculture di orchidee spontanee, riportando in uso il processo di galvanoplastica, tecnica ereditata da affascianti musei di storia naturale mittel europei. Ognuna segna il luogo di una fioritura in città, il prototipo di un segnasfalcio che va ad indicare dove non intervenire e lasciare che sbocci quel che la terra nasconde.

Il ricamo della “rosa Matyò”, è da secoli opera di donne deputate al crearne le varianti da un disegno base. Questa forma di restituzione del paesaggio del popolo Matyò, che come molti altri è stato progressivamente assorbito dal processo di creazione delle identità nazionali, tutelandone e al contempo standardizzandone la cultura in funzione anche turistica ed economica è – nella visione dell’artista – alla stregua di un campo che, dalla condizione di essere libero di germinare la propria diversità, diventa verde e sfalciato prato omologo.

Narra la leggenda che il ricamo Matyò nasca per ricongiungere una coppia di futuri sposi. Una forza negativa, rapì il ragazzo chiedendo come riscatto un grembiule colmo di fiori in pieno inverno. La ragazza per riaverlo riempì effettivamente il grembiule di fiori, ma ricamandoli. La leggenda edulcora il lungo lavoro tutto al femminile del corredo, simbolo di una donna legata a un ménage quotidiano elitario e patriarcale. Silvia Cini trasforma il ricamo tradizionale della rosa in orchidee, quelle che fioriscono oggi negli spazi interstiziali di incolto, riportandole sui camici che le biologhe indossano nell’Orto Botanico di Budapest. Luogo dove quotidianamente viene “ricamato in vitro” un corredo per la tutela e la salvaguardia interspecie.

L’installazione audio ambientale, filo conduttore della mostra, narra la storia dell’incontro a distanza di più di un secolo tra le opere dei due artisti, entrambi affascinati da un mondo microscopico e nascosto. Silvia Cini trascende dall’idea esotica dell’orchidea e esalta la metafora sociale di queste straordinarie piante, che compiono il loro ciclo vitale solo nella possibilità di essere in simbiosi con altri viventi.

“C’è chi cerca orchidee spontanee, io le incontro e nell’incontrarle il fascino di queste minuscole piante capaci di riprodurre la forma, il colore e l’odore di un animale a loro legato per l’impollinazione e del quale mimano la femmina pochi giorni prima che questa entri in calore, mi ha distratto dal rumore del mondo.” Spiega l’artista “Perché in loro, il messaggio silenzioso della natura, direi l’urlo silenzioso della natura si cristallizza in forma e questa che io percepisco talvolta zoomorfa altre antropomorfa, mi lascia inerme a cercare risposte sul dialogo interrotto tra regni.”

ELTE Botanical Garden – 1083 Budapest, Illés u. 25 – www.fuveszkert.org

Opening Venerdì 14 Luglio dalle 17.00 alle 19.00 – Dal 15 Luglio al 14 Agosto 2023 – Aperto dal Lunedì al Venerdì dalle 9.00 alle 17.00

Silvia Cini (Pisa 1972) è artista e curatore, le sue opere vivono del dialogo, spesso personale, che crea con il pubblico. Il suo interesse si focalizza frequentemente sul paesaggio, come metafora sociale, integrando installazioni audio ambientali e ricerca botanica. Giovanissima, collabora con Keith Haring alla realizzazione dell’evento che porterà al murale di Pisa. Nel 1994 crea a Milano con Salvatore Falci il gruppo AAVV, collabora con Cesare Pietroiusti per DisorsordinAzioni, il Gioco del Senso e Non senso (XII Quadriennale di Roma), e il Gruppo Oreste con il quale parteciperà alla 48^ Biennale di Venezia. Nel 1997 cura la serie di mostre Frame al Ferro di Cavallo in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Roma, promuovendo gli albori dell’arte di relazione e dell’arte pubblica in Italia. Collabora con Carolyn Christov Bakargiev e Hans Hulrich Obrist all’Acàdèmie de France à Rome per la realizzazione della mostra La Ville, Le Jardin, La Mèmorie. Continua negli anni l’attività curatoriale, (Invideo per la Triennale di Milano, Icityperiferiche, Palazzo Re Enzo Bologna, Loggia della Mercanzia Genova, Cartabianca, Museo d’Arte Contemporanea Villa Croce Genova, Cantieri Culturali della Zisa, Palermo), affiancandole quella espositiva. Ha collaborato dalla fine degli anni Novanta con la Galleria Neon, alternando mostre personali e collettive (Galleria Continua, Zero, GoldanKauf, MamBO) in Italia e all’estero e con la Facoltà di Architettura del Paesaggio di Genova tenendo workshop su arte e paesaggio. Nel 2000 riceve da Fabio Mauri, il premio Atelier. In occasione di Genova 2004 Capitale Europea della Cultura, vince il Premio Duchessa Galliera. Insegna Plastica Ornamentale all’Accademia di Belle Arti di Palermo.

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